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jueves, 12 de diciembre de 2013

La società delle paure. A proposito di Beauvoir e Padura

Un alumno italiano (turinés para más señas), Paolo Bottero, que está de Erasmus en la Facultad donde imparto mis clases de sociología ha traducido al italiano una de las entradas que publiqué en el mes de octubre. Me produce mucha satisfacción que algunas de mis reflexiones sean leidas por mis alumnos.
Esta entrada va dedicada especialmente a mis lectores italianos.


Le mie due ultime letture sono state un racconto di Simone de Beauvoir (L’età della discrezione) ed un romanzo di Leonardo Padura (Eretici),  scritti uno più di mezzo secolo fa e l’altro quest’anno. Entrambi i testi affrontano, tra le molte cose, le paure personali e collettive, che come tutti sanno si trascinano dai principi dell’umanità, e sono state analizzate da distinte prospettive filosofiche, antropologiche, sociologiche, psicologiche, etc. Tuttavia, considero che mai siano state tanto presenti come nella società attuale, colpendo così profondamente le relazioni sociali. Le informazioni che riceviamo ci parlano di guerre, incremento della povertà, sfruttamento nel lavoro, incremento dei suicidi, maltrattamenti e violenza contro le donne, riscaldamento globale, discesa dei salari, crisi economica mondiale, fine del welfare state nelle società occidentali, e moltissimi altri disastri; in definitiva, ci si dice continuamente che ci troviamo in un mondo di molteplici rischi e incertezze, quello che comporta generalmente un aumento delle paure individuali, che influiscono sulla nostra forma di relazionarci e di costruire la nostra società attuale e del futuro. Questa nuova società la stiamo costruendo dalla paura, la paura di perdere il lavoro, paura di perdere il nostro benessere, paura di perdere il nostro partner, paura della violenza, paura del futuro, paura di quello che mangiamo, paura degli altri, paura che si prendano decisioni politiche e economiche per persone e organizzazioni che non ci rappresentano, paura di essere costantemente sorvegliati, paura della malattia, cioè, paura, paura e paura.

In linea di principio, con l’evoluzione delle società, con l’aumento della conoscenza dovremmo avere più sicurezza, considerato che disponiamo di più strumenti per affrontare le paure, eppure, sta accadendo tutto il contrario, sempre più spesso predominano le paure. Cosa fare allora?, lasciarci trascinare in queste vie d’incertezza e insicurezza?, sommetterci a decisioni di qualche élite lontana dalle nostre realtà?, o forse, implicarci di più nella presa di decisioni locali?, essere più partecipi nelle organizzazioni e istituzioni delle quali facciamo parte?, pensare meno alla nostra individualità?, reimpostare le nostre relazioni con gli altri?. Queste domande e altre me le faccio continuamente, e anche se personalmente propendo per una partecipazione attiva, la realtà mi ritorna in maniera sempre più reiterata che non è questo quello che fa (o desidera) la maggior parte dei cittadini (questa maggioranza silenziosa, della quale si appropriano tutti i potenti). Probabilmente starò sbagliando, però non posso fare altro, comunque, dato che la realtà è contraria ai miei pensieri, continuerò con i miei desideri e i miei sogni, dal momento che come dice Simone de Beauvoir “Ho scoperto la dolcezza di avere un lungo passato dietro di me”.

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